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ALCUNE TESTIMONIANZE

 

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Testimonianza di p. Sandro Celli, OFM, ex parroco di S. Antonio, Montecatini Terme, Diocesi di Pescia

Sono arrivato a S. Antonio – Montecatini come Parroco nel settembre 1991, e fra le diverse persone che ho incontrato mi ha subito colpito il comportamento di Daniela, sposa di Patrizio Spadoni e madre di due figli. La vedevo in chiesa al mattino, dopo aver portato i bambini a scuola, sostare a lungo in preghiera silenziosa anche se non è mai mancata alla celebrazione eucaristica festiva e feriale anche secondo le necessità della famiglia.
Andando a benedire la famiglia in occasione della Pasqua sono rimasto colpito da una nuda Croce posta proprio all’ingresso dell’abitazione. Alla mia domanda perché quella croce nuda, lei mi rispose: “Gesù c’è già stato sulla Croce, ora bisogna starci noi”.
Colpita da tumore, volle recarsi, con tutta la famiglia a Lourdes, al ritorno mi disse: “I miei figli li ho avuti dalla Madonna e ora a Lei li ho affidati”.
Il tempo della malattia è stato vissuto da Daniela con lucidità e fede. Le persone che la visitavano rimanevano colpite dalla sua serenità.
Madre e sposa esemplare, di poche parole, ma di spiccata concretezza, ha saputo dare a tutti la testimonianza della sua fede in Dio e nella Chiesa.
Nulla ha fatto senza prima ricercare il consiglio del suo padre spirituale. La fedeltà alla preghiera quotidiana, la sobrietà della vita nell’abbigliamento e nel vitto con il pensiero attento e premuroso verso i poveri che il Signore ha messo sul suo cammino, hanno reso Daniela oggetto di ammirazione e stima da parte di tutti.
Negli ultimi giorni della dolorosa malattia, quando gli antidolorifici non davano più l’effetto sperato, la sua consolazione era quella di sentir recitare nella sua camera l’Ave Maria nella pratica cristiana del Santo Rosario. Per questo sono stati organizzati turni di presenza.
È volata al cielo come un angelo, anche il suo atteggiamento fisico, dopo la morte, ha dato a tutti l’impressione di una persona particolare in unione con Dio per mezzo della Vergine Maria.
La numerosa presenza di persone alla sua Messa funebre, celebrata in S. Antonio, è stata la conferma visiva dell’incidenza che Daniela ha lasciato in tante persone.

 

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Lisa Masini Sbolci, Ufficio e Consulta di Pastorale Familiare Diocesi di Pescia

Ho conosciuto Daniela poco prima che si sposasse con Patrizio. La prima impressione che ebbi fu abbastanza strana, notai subito la sua straordinaria (per me esagerata) disponibilità, l’assenza totale di giudizio nei confronti degli altri, il sorriso sempre pronto, il desiderio di ascoltare, apprezzare, valorizzare il parere degli altri senza imporre il proprio: era la prima volta che incontravo una persona così e interpretai questi suoi atteggiamenti come ingenuità, “buonismo”, infantilismo…La giudicai una persona un po’ sprovveduta, priva di spirito critico, con scarsa personalità. Non cercai mai un rapporto particolare con lei, il suo mondo era troppo distante dal mio, i suoi modi quasi mi mettevano a disagio. Di quegli anni in cui abbiamo condiviso i momenti di preghiera, meditazione, servizio, ricordo particolarmente la sua capacità di “stare” nel silenzio, nel nascondimento, in ascolto della Parola di Dio, vicina ai più piccoli – bambini, portatori di handicap – sintonizzandosi al loro modo di essere, entrando in contatto con loro profondamente.
Le sue meditazioni erano pensieri semplici ma profondi, si percepiva che parlava di cose che viveva, non costruiva mai elaborazioni complesse e artificiose, lontane dal vissuto personale. Non si esponeva spesso. Non era mai la prima ad intervenire. Ascoltava con tutta la sua persona la Parola e i fratelli che ne parlavano.
Non ricordo di averla mai vista impaziente, scontrosa, nervosa. A volte, semmai, sembrava un po’ distante, lontana dalle preoccupazioni per le cose spicciole, di cui però anche lei si occupava continuamente, senza farsi prendere il cuore da queste.
Se l’ho vista esigente, precisa, determinata, è stato per le cose che riguardavano Dio e la testimonianza di Lui.

Nella primavera del ’93 attraversavo un momento molto difficile: ero incinta della mia terza bambina e Giovanni lavorava a Roma, partiva la domenica sera e tornava il venerdì sera, Anna aveva meno di tre anni, Maria 16 mesi. Daniela si interessò a me, mi chiedeva frequentemente se avevo bisogno di aiuto, minimizzava il suo “daffare” (anche lei aveva due bimbi piccoli) per offrire il suo appoggio. Non ricordo se fu una sua idea o se venne a me in mente di chiederle se poteva ospitarmi per un periodo in casa sua, durante il mese di giugno, quando ormai si avvicinava il momento di partorire (finivo il tempo della gravidanza il 5 luglio). Ero in ansia all’idea di passare quel ultimo periodo in casa da sola, soprattutto di notte, con il timore di iniziare il travaglio improvvisamente e il pensiero di come gestire le bimbe piccole. Mi trasferii da Patrizio e Daniela volentieri, furono entrambi accoglienti e generosi, attenti alle mie necessità, ma mai invadenti.
Daniela mi regalò uno spazio di serenità e di tranquillità, anche se purtroppo non approfittai di quel tempo trascorso insieme per conoscerla meglio: ricordo che parlammo molto di come era difficile per Giovanni, in quel frangente, decidere se mantenere il posto di lavoro a Roma o rinunciarvi, visto la situazione familiare che vivevamo (3 figlie nate in 3 anni!); di come questa situazione di incertezza e insicurezza per il nostro futuro ci mettesse alla prova e facesse emergere – era proprio evidente! – tutte le mie fragilità, che però non ero disposta a riconoscere. Ero nervosa, agitata, “schizzata”: a tutto questo Daniela contrappose pazienza, ascolto, sorrisi, tenerezza e soprattutto non mi giudicò mai, non elargì consigli, non sparò sentenze. Mi accolse davvero, così com’ero.
La sua casa rispecchiava lei: era ordinata, pulita, accogliente, silenziosa.

Quando Daniela si è ammalata, soprattutto quando ho capito la gravità della sua malattia, ho avvertito il desiderio e l’urgenza di conoscerla, di provare ad avvicinarmi al “suo mondo”. Sono andata a trovarla varie volte, soprattutto quando si è aggravata e trascorreva le sue giornate in camera. Cercavo di arrivare un po’ prima alla recita del rosario o di potermi trattenere dopo. Daniela è sempre stata serena e piena di pace, traspariva da lei una piena accettazione della sua malattia e il desiderio di vivere “bene” questo momento, come se da ciò dipendesse tutta la sua vita.
Ho “letto”, finalmente in una nuova luce, i suoi atteggiamenti ed i suoi comportamenti: non mi stupivo più della sua generosità, disponibilità, pazienza e docilità. Adesso vedevo la mitezza, la bontà, il desiderio profondo di piacere a Dio, virtù di cui conoscevo l’esistenza, ma che non avevo mai visto incarnate in una persona.
Una sera Daniela ha insistito perché rimanessi e cenassi con lei in camera, e lo ha fatto con tanta semplicità e affetto che non ho potuto dirle di no, vivendo così un momento di intima e dolce amicizia.
Una volta ero in camera di Daniela, insieme ad un’altra persona, non ricordo chi fosse: avevo voglia di piangere, un po’ per me stessa, un po’ per lei che si apprestava ad andarsene, ma era come sempre una situazione strana, perché sarebbe stata più in diritto lei di sgomentarsi e di essere triste, invece consolava sempre tutti e rassicurava sul fatto che tutto stava andando come doveva andare. Mi presentò a questa persona e di me disse: “Questa ragazza ha una forza che non ti puoi immaginare, ha affrontato tante prove, ma non hai idea di quello che farà!” Mi stupì questa sua affermazione, successivamente mi sono accorta che è stata per me come un balsamo per il cuore; Daniela ha avuto fiducia e stima in me prima ancora che ne avessi io, e attraverso le sue parole e la sua amicizia, ho avvertito la dolcezza dell’amore del Padre per me. Attraverso la sua accoglienza, il suo sguardo senza giudizio e pieno d’amore, ho visto la maternità di Dio e come Lui vuole che ci amiamo gli uni gli altri.
Ogni volta che la incontravo, si interessava alla mia situazione, sapeva che Giovanni aveva fatto domanda di trasferimento da Roma a Viareggio e che sia il direttore di divisione che il direttore generale avevano espresso parere sfavorevole. Daniela mi ha rassicurato varie volte sulla sua certezza che questo progetto sarebbe andato a buon fine.
Pochi giorni prima che Daniela morisse, Giovanni ebbe la notizia del suo trasferimento a Viareggio.

 

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Testimonianza di Elena Bianchi, infermiera

Sono passati molti anni ma il ricordo di Daniela è ben presente nella mia mente. Non so dare una spiegazione precisa, in fondo non la conoscevo benissimo, ma un insieme di sensazioni, emozioni e chissà cos'altro mi fanno pensare a lei sempre con molta gioia.
Ciò che più ricordo è l'immagine pulita di una donna che nonostante la grave malattia e  il dolore anche fisico che provava, nonostante la piena consapevolezza di quello che stava  accadendo, i suoi occhi e il suo volto trasmettevano una pace e una serenità fuori dall'ordinario. Si, i suoi occhi color nocciola sembravano parlare e dire queste parole: bene, sono qui, pronta a qualunque destino, prendimi e fai di me ciò che vuoi.
Questo è quanto ha lasciato nel mio cuore e penso proprio che non dimenticherò mai.

 

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Testimonianza di suor Annalia Checchi, Suore Francescane Ancelle di Maria, Firenze

Quando ricordo Daniela, penso che ho conosciuto “un pezzo di cielo in terra”. Non mi ricordo molto bene la data in cui l’ho conosciuta, forse il 1983/84, insieme all’allora fidanzato Patrizio (Spadoni), erano entrambi molto giovani eppure si percepiva in Daniela una maturità fuori dal comune.
Ciò che mi colpì era la bellezza, si veramente Daniela era una gran bella ragazza, alta e longilinea ma nello sguardo emergeva un bellezza dell’anima che si è rivelata sempre più negli anni.
Ho conosciuto Daniela insieme a Patrizio perché cominciarono a frequentare il gruppo giovanile diocesano (Diocesi di Pescia) di cui facevo parte fin da quando don Enrico Carocci nel 1981,  riunì alcuni giovani per iniziare un’esperienza di volontariato che poi ben presto fu accompagnata da un cammino di fede vero e proprio. Quando Daniela e Patrizio entrarono nel gruppo era uno dei momenti più belli della vita del gruppo. Ci incontravamo tutti i mercoledì per meditare il Vangelo a casa di uno o dell’altro, si facevano i ritiri mensili guidati da don Mario Cosmi,  molti di noi avevano impegni personali con dei disabili, una domenica al mese si usciva con tutti i disabili che avevamo conosciuto, molti dei quali giovani, fino a formare una cooperativa di solidarietà di legatoria per  aiutare dei giovani con deficit a promuovere il lavoro. Loro si inserirono subito nel gruppo con grande partecipazione.
In quegli anni io lavoravo presso un’azienda come impiegata e nel 1983 chiesi di lavorare part-time per dedicarmi il pomeriggio alla legatoria.
Non mi ricordo con precisioni quando, ma a un certo punto la Daniela che nel frattempo si era sposata, venne a lavorare tutti i pomeriggi alla legatoria. Di quel periodo ricordo la ricchezza della sua presenza al laboratorio, sempre attenta e dolce ma anche ferma nell’aiutare i ragazzi a svolgere al meglio il proprio lavoro. Non ho ricordo di averla mai sentita alzare la voce o rispondere sgarbatamente, certo una dote umana, ma in lei si percepiva che tutto nasceva da una profonda interiorità, come chi agisce sempre davanti a una Presenza più grande. Vederla muoversi e parlare con calma e dolcezza faceva bene al cuore. Con lei non veniva di arrabbiarsi o dire cose sconvenienti.

...la cosa che più ricordo di lei era vederla pregare, sembrava che intorno non ci fosse niente e nessuno, in modo particolare durante l’adorazione Eucaristica.  Contemporaneamente non c’era niente di affettato o di forzato, era semplicemente così acqua limpida che scorre in un torrente, naturale. Non mi ricordo che facesse dei grandi discorsi su Dio, o avesse sempre in bocca Gesù come per convincere qualcuno ma con la sua presenza ti parlava di Gesù. Io non ho pensato di nessuna persona se non di Daniela che lei si muoveva e lavorava in silenzio con grande armonia come Maria a Nazareth.  Un’altra cosa di cui mi ricordo è di non aver mai sentito Daniela parlare male di quello o di questo, cosa che ci riusciva molto bene alla maggioranza.
Quando si ammalò e fu operata del tumore al fegato, ricordo in me lo sgomento, giovane, buona e con due bambini piccoli, andai a trovarla all’ospedale di Pescia dove era ricoverata, mi accolse come sempre con il suo bel sorriso e come sua abitudine non metteva mai se stessa la centro ma incominciò a chiedermi cosa facevo e come stavo (dalla fine del 1988 ero entrata nella Fraternità dell’Incarnazione e vivevo a Firenze). Dalla sua serenità ben presto capii che quella grave malattia era un mistero dell’amore di Dio.
Fra la sua operazione e la sua morte mia madre ebbe il suo primo infarto, un momento che ricordo personalmente molto doloroso e quando andavo a trovare Daniela, ormai condannata a morire, era l’unica che riusciva a consolare il mio cuore, senza che lei se ne accorgesse. A dire la verità oggi posso dire che andavo più a prendere che a dare.

L’ultima volta che l’ho vista viva erano circa dieci giorni prima della morte. Come ormai da qualche tempo accadeva si pregò il rosario con altri amici presenti, stava malissimo con grandi dolori, ma ancora dimentica di sé: avevo avuto un po’ di influenza e avevo degli herpes sulle labbra, cosa da ridere in confronto al suo stato di salute, eppure quando mi avvicinai al letto per baciarla subito  mi chiese se ero stata male e con la mano mi accarezzò gli herpes dicendo mi dispiace che non sei stata bene. Non potevo andare spesso da Daniela perché vivevo in comunità a Firenze ma ho imparato da lei una cosa fondamentale, le persone sante sono sempre piene di gratitudine verso tutto e tutti in modo particolare nel confronti del Signore, tutto è gratis e niente dovuto. La parola con cui mi salutava era sempre grazie.
Quando sono ritornata a vederla era ormai morta e l’ho ancora davanti agli occhi vestita con l’abito da sposa, magrissima con una grande pancia causata dalla malattia ma sempre bellissima che andava incontro all’unico vero sposo Gesù.
...
Ho cercato in poche parole di raccontare la gioia di aver conosciuto Daniela e la gratitudine per quello che mi ha regalato e testimoniato con la sua vita e la sua morte. Sono povere parole che non possono esprimere fino in fondo il mistero dell’amore di Dio verso la Daniela e che ho solo percepito: “Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome,  affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell'uomo interiore,  e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell'amore,  siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo  e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio”.(Ef 3,14-19)
Grazie al Signore che mi ha fatto conoscere un pezzo di cielo in terra.

 

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Testimonianza del Dott. Ario Veltroni, Primario del reparto di Chirurgia dell'Ospedale di Pescia


“… Posso affermare in piena coscienza che mai nell’arco della mia non breve vita professionale ho constatato in una persona affetta da una cosi’ grave patologia senza speranza, una cosi’ grande tenerezza d’animo sostenuta da una profonda fede cristiana. “

"Daniela" - mi disse - "Mi ha costretto a rivedere tutta la mia vita" (dal Diario)

 

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Dott. Vito Vitale, medico, amico di Daniela

La storia di Daniela e’ un Vangelo, un “buon messaggio”
È Cristo che si dona al Padre e ai fratelli.
Era di pochissime parole, sempre nella quiete, sempre composta nei gesti, i suoi occhi erano in simbiosi con le labbra che esprimevano l’unità fra la sofferenza e la gioia.